Intervista a Ivan Borsato di Casa Veccia

Intervista a Ivan Borsato di Casa Veccia

Caffè ricercati. Grani Capsule e Moka, cosa scegliere? Lettura Intervista a Ivan Borsato di Casa Veccia 12 minuti

Oggi entreremo nell’autentico e diretto mondo di Casa Veccia insieme a Ivan Borsato, birraio artigianale che non ha mai avuto paura di dire le cose come stanno, né di sperimentare. Con il suo stile schietto e appassionato, ci accompagnerà in un viaggio attraverso le sue creazioni più rappresentative: dalla Formenton, pensata per sfidare i pregiudizi sull’abbinamento birra-pesce, alla Nacho, una bionda leggera e rinfrescante che rivendica la semplicità come scelta consapevole e non banale. Scopriremo la storia della Dazio, una American Pale Ale che racconta davvero il mestiere del birraio, e della Calibro 5, una birra chiara facile ma mai scontata.

Non mancheranno le note più creative con birre come la Radiccio, frutto di una collaborazione con il territorio, la Special ispirata alle birre di abazia e la Molo una birra nera di grande storia.

Parleremo anche del mondo delle birre artigianali in generale, del loro ruolo nella quotidianità e dell’equilibrio tra qualità e sostenibilità. Con Ivan entreremo nel vivo del lavoro di un vero produttore artigianale, tra fermentatori, esperimenti, aneddoti e una visione concreta ma sempre ispirata di cosa voglia dire fare birra oggi.

Partiamo con la prima domanda: 

Qual è stata la scintilla che ti ha spinto a trasformare una passione in un progetto come Casa Veccia?

In realtà non posso dire che sia partita da una passione sfegatata per la birra. A me è sempre piaciuto capire cosa c’è dietro alle cose: come si fa una mozzarella di bufala, com’è fatta una lavorazione artigianale… insomma, ho sempre avuto interesse per le materie prime, per la cucina, per il buon bere.

Venivo da quindici anni nell’edilizia e, attorno al 2007-2008, con la crisi che ha colpito forte il settore qui a Treviso, ho iniziato a guardarmi intorno. Così, un po’ per curiosità e un po’ per voglia di ricominciare, mi sono avvicinato al mondo della birra grazie a un amico. Abbiamo preso un piccolo impianto, eravamo in quattro, e abbiamo fatto una prova.

Quel giorno lì, la prima volta che ho fatto la birra in modo serio, organizzato, mi si è acceso qualcosa dentro. Ho pensato: "no ma che bella è sta roba?" Univa un sacco di cose che mi piacciono: cucinare, dosare ingredienti, variare temperature…

Se devo dirla tutta, secondo me la professione più vicina a quella del birraio è il pasticcere. Perché lì come qui, se sbagli un ingrediente, un tempo o una temperatura, il prodotto cambia. È tutto preciso, ma allo stesso tempo creativo.

Ecco, Casa Veccia è nata così, da quel colpo di fulmine, e dal desiderio di costruire qualcosa di mio partendo da ciò che davvero mi interessa: capire, fare, e trasformare buone materie prime in qualcosa che abbia un’anima.

Credi che la birra artigianale possa essere un buon mezzo per promuovere i prodotti locali, come avete fatto con la birra RADICCIO?

Assolutamente sì. La forza della birra artigianale è proprio questa: domani mattina ci svegliamo, ci viene un’idea nuova, e possiamo metterla in pratica senza stravolgere il nostro processo produttivo o avere chissà quali costi in più. Chiaro, serve tutto il contorno, marketing, storytelling, etichetta, ma fare la birra in sé, quella è la parte più semplice e libera.

E allora cosa succede? Che possiamo permetterci di usare ingredienti legati al territorio, come il Radicchio Rosso di Treviso IGP per la Radiccio insomma, tutto ciò che racconta la nostra terra.

Le grandi aziende queste cose non le fanno. Per loro non ha senso: non ci fanno numeri, non ci fanno prezzo, non c’è ottimizzazione. Ma è proprio qui che l’artigianato fa la differenza: perché possiamo prendere un’eccellenza agricola locale e trasformarla in qualcosa che parla davvero del territorio, che lo valorizza.

Da dove parti quando crei una nuova birra? Raccontaci com’è nato il processo creativo dietro SPECIAL e MOLO.

Allora, guarda, tutte le birre che ho creato, comprese la Special e la Molo, fanno parte delle nostre sei birre di origine: Calibro 5, Formenton, Dazio, Special, Molo e nascono tutte con un’idea ben precisa: creare birre gastronomiche. Io ho sempre ragionato al contrario rispetto a molti miei colleghi. Cioè, parto dal piatto, dall’abbinamento, e poi costruisco la birra.

Nel 2010, quando ho iniziato, parlare di carta delle birre o di abbinamento birra-cibo sembrava una roba da matti. Per tutti c’erano solo bionda, rossa e bianca, e finiva lì. Invece io ho iniziato a creare dei macro-compartimenti gustativi, tipo antipasti di pesce, primi leggeri, secondi più strutturati, dolci… e da lì ho iniziato a chiedermi: ok, che caratteristiche deve avere una birra per sposarsi bene con questo piatto?

Così ho pensato e sviluppato ogni birra partendo proprio dal gusto e dalla tavola. Special e Molo, ad esempio, sono nate esattamente con questa logica. Sono birre gastronomiche, insomma, che hanno un senso dentro un percorso a tavola. La birra Special si abbina perfettamente con con le carni bianche della tradizione, anche a lunga cottura ed unte, selvaggina di volatili e i formaggi stagionati e muffati mentre la Birra Molo è  una birra nera, molto calorica e a basso contenuto di alcol perfetta da abbinare con Polenta abbrustolita con funghi e formaggio fuso.

Dicci il tuo abbinamento preferito di FORMENTON per un sabato sera in compagnia 

Allora, la Formenton di Casa Veccia è una birra di grano, si colloca tra una blanche e una Weizen. Dentro ha il frumento, l'orzo, la buccia d’arancia e il coriandolo, quindi molto blanche, ma usa un lievito tedesco proprio tipico della Weizen che arriva da una scuola birraria con una storia centenaria. Cioè, robe serie, nonostante una birra fatta con questo lievito uno la possa trovare anche al supermercato e magari la sottovaluta, ma dietro c’è un mondo.

È una birra che evolve tanto nel bicchiere: parte più Weizen, poi esce fuori la parte blanche, le spezie e la parte citrica... diventando bella dinamica. Quando l’abbiamo pensata, l’idea era proprio quella di sfondare un po’ il tabù della birra con il pesce. Non per forza per abbinarla al crudo di scampi o alle ostriche, eh, ma più per avere un’alternativa valida a un vino bianco o una bollicina quando mangi pesce.

Quindi, per un sabato sera in compagnia, io me la bevo volentieri con degli antipastini di pesce, magari un'insalata di mare, delle cozze, anche qualcosa di leggermente bollito. Se proprio vogliamo spingerci un po' oltre, anche una pasta allo scoglio va bene, magari non troppo carica di sugo rosso, ma che ci sia un bel profumo di mare. Non andrei su pesci arrostiti o troppo strutturati, ma per il resto, la Formenton tiene botta ed è super piacevole.

Hai esplorato stili diversi, dalla DAZIO alla CALIBRO 5: quali metodi di produzione senti più vicini a te, e perché? 

Guarda, in realtà non c’è un metodo che sento mio in assoluto. Diciamo che all’inizio, quando siamo partiti, una birra come la Dazio, che è un’American Pale Ale, raccontava molto meglio quello che voleva essere il nostro lavoro, l’essenza dell’artigianalità. Era un po’ più sofisticata, con una parte amara, un po’ di caramello, un lievito più caratterizzante… insomma, era una birra che parlava davvero di quello che facevamo.

Al contrario, birre come la Calibro 5, che è una Golden Ale, sono sicuramente ottime birre, e anche tra le più vendute da noi, però non posso dire che mi rappresentino a pieno. Perché? Perché non ti fa vedere fino in fondo il lavoro del birraio artigiano.

Il bello dell’artigianale, invece, è proprio quando riesci a lavorare con luppoli particolari, magari anche poco commerciali, che l’industria nemmeno prende in considerazione perché troppo costosi o difficili da standardizzare. Lì sì che si vede la mano del birraio. Oggi, infatti, mi ritrovo molto di più nelle IPA che produciamo, che sono profumate, tecniche, vive. Quelle sì che raccontano chi siamo.

NACHO è una birra leggera ed accessibile ma allo stesso tempo artigianale: quanto conta per te dimostrare che semplicità non significa banalità? 

Ti rispondo con l’aneddoto da cui è nata: la gente mi dice “io al mare bevo la Corona” e io gli dico “te la faccio io, ma strafiga”. E la NACHO è proprio questo: una Corona fatta bene, artigianale, con ingredienti locali. Semplice, sì, ma con personalità

Come hai visto cambiare il mondo delle birre artigianali negli ultimi tempi? Pensi che ci sia una maggiore consapevolezza ora? 

In realtà non è cambiato molto. Chi prima guardava la birra artigianale con diffidenza oggi si è avvicinato un po’, ma spesso lo fa ancora con la mentalità della birra commerciale: voglio una birra da bere, senza troppe domande.

Io invece credo che la vera rivoluzione arrivi quando la birra artigianale diventa parte del quotidiano, non solo della serata speciale o della degustazione guidata. Quando sarà normale aprirsi una buona artigianale a cena, come fosse un bel bicchiere di vino, allora sì che avremo fatto un passo avanti.

Il limite, però, resta il prezzo. Noi artigiani lavoriamo su piccola scala, con cura, con attenzione, con libertà. Ma non possiamo competere con le grandi aziende che hanno numeri enormi e costi ottimizzati al massimo.

Nonostante questo, continuiamo a crederci. Il nostro obiettivo resta quello: continuare a creare birre per tutti, accessibili, sincere, immediate, nonostante tutto puntando a farle entrare nel quotidiano dei consumatori.

Come concilia Casa Veccia la produzione artigianale con le sfide della sostenibilità oggi? 

Guarda, noi non è che proviamo a essere sostenibili… noi siamo sostenibili. Il mondo della birra artigianale nasce sostenibile. Non usiamo coloranti, conservanti, coadiuvanti chimici o robe strane. La nostra birra la facciamo con acqua, malto, luppolo e lievito. Fine. Materie prime vere, il più possibile locali, e lavorate come si deve.

Non servono grandi proclami o pannelli solari sul tetto per sentirsi green. Il nostro modo di produrre è già sostenibile, rispettoso delle materie e del territorio, dando lavoro anche a chi si trova vicino a noi. Per dirtene una: il malto base che usiamo, quello che è la spina dorsale di ogni birra, viene da un progetto agricolo veneto, il Malto Eraclea. L’orzo cresce qui, è roba del posto, e questa per me è vera sostenibilità.

E poi c’è anche tutto il tema del recupero: quando finiamo di fare una birra, quello che rimane, la trebbia, la parte esausta dell’orzo, non lo buttiamo via. Un ragazzo la porta agli allevatori e la danno da mangiare alle mucche, essendo un prodotto alimentare. È un esempio semplice ma concreto di economia circolare: campo, birra, mucca, concime, e si riparte. Non è poesia, è così che funziona.

Quindi sì, possiamo anche raccontare l’economia circolare se vogliamo, ma il punto è un altro: i birrifici artigianali non devono dimostrare di essere sostenibili… lo sono già, nei fatti, tutti i giorni.

Hai in mente nuovi progetti, collaborazioni o stili che vorresti esplorare nei prossimi anni per Casa Veccia?

Sì, in realtà ogni estate ci ritroviamo a sperimentare molto. Abbiamo un’attività di ristorazione che funziona per tre mesi e, in quel periodo, il consumo interno di birra è altissimo. Produciamo quindi parecchio solo per il nostro locale, e questo ci dà l’occasione perfetta per divertirci un po’ e proporre varietà a chi viene a trovarci.

Creiamo birre che chiamiamo “one shot”: le facciamo una volta sola, per esplorare un’idea, un ingrediente particolare, un luppolo curioso… o anche solo per gioco. Adesso, ad esempio, stiamo pensando a una birra con sale di Cervia, fragole e fiore di ibisco: una birra rosa, fresca, un po’ fuori dagli schemi. Ovviamente non ci mettiamo a fare l’etichetta, la linea grafica, tutta la parte commerciale… quella è la parte costosa. Le infustiamo, le serviamo in tap room, e spesso ci inventiamo una piccola storia dietro, magari nata da una battuta o un aneddoto che ci è successo lì.

Quindi sì, nuovi progetti ne nascono in continuazione, ma per ora restano legati a questa nostra creatività estiva. Solo ogni tanto capita che da una “one shot” venga fuori qualcosa di così interessante da diventare parte fissa del nostro catalogo. Ciò che ci piace è continuare a divertirci, a sperimentare, e a far vivere qualcosa di unico a chi beve le nostre birre.